Bambine piccolissime costrette a indossare il velo integrale con il volto cancellato lasciando visibili solo gli occhi. 

Il tutto accompagnato dalle risate compiaciuti di uomini adulti. 

Queste scene a mio avviso sono inquietanti, agghiaccianti, eppure rappresentano una quotidianità in tantissimi paesi del mondo. 

È simbolo di pudore, di castità. 

Ma allora, quale pudore dovrebbe proteggere una bambina? 

Nella sinistra (la cosiddetta sinistra) c’è chi continua a raccontare che il velo è libertà e scelta personale. 

Ma come può esserci libertà quando indossarlo è una minorenne? 

Quando non è una scelta, ma una regola imposta? 

Proprio in questi giorni, non in Medio Oriente, ma in Italia, una coppia pakistana ha chiesto a un avvocato di permettere alla figlia undicenne di andare a scuola con il niqab, il velo che copre tutto. 

Cose che ci sembravano lontane, impossibili nel nostro paese, ora sono cronaca. 

A Monfalcone abbiamo già visto studentesse velate integralmente. 

E la tendenza è chiara. 

Bambine sempre più giovani vengono costrette al velo in tutte le nostre città. 

Non possiamo girarci dall’altra parte. 

Queste situazioni gridano all’allarme. 

Sono segnale di un pericolo concreto. 

La donna ridotta al silenzio, privata della sua libertà, schiacciata da un fondamentalismo islamico che calpesta i diritti, la dignità e i valori su cui si fonda la nostra società. 

Di fronte a tutto questo una sola risposta è possibile: resistere, non arretrare, non piegarci.

Domanda: quindi la cosiddetta sinistra in questo caso non urla nemmeno al patriarcato? 

Quello solo quando è strumentale e funzionale al loro pensiero su un qualcosa (il patriarcato) che in Italia non esiste? 

Pazzesco! 

Davide Zedda 

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